• Weekend on the ground

    On: 22 Settembre 2021
    In: Senza categoria
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    After years and years and years, we crash down onto the land. Could it be an island? Which strange territory are we on? We have absolutely no idea how we ended up here. One day – who remembers when – we climbed into the aerial vehicle that we now find ourselves in, without luggage or clothes, totally naked. Come to think of it, none of us remembers how it used to be. The most exact and acute sensation, for whoever is living at this moment, is that of not knowing where we are treading day after day. The ground is crumbling; lines are splitting, tissues are fraying, perspectives are fluctuating. Maybe we went extinct, and now we’re coming back?
    Wait!!! We are starting to distinguish shapes. We can see…in the distance…something similar to a red space…strange objects, faces, bodies, flowing liquids, moving images, a glow!

    Dopo anni e anni e anni, stiamo precipitando su una terra. Forse è un’isola? In quale strano territorio stiamo atterrando? Non abbiamo assolutamente idea di come siamo finiti qui. Un giorno – chissà quando è accaduto – salimmo su questa sorta di veicolo aereo in cui ci troviamo, senza valigie e vestiti. Totalmente nudi. Andando indietro col pensiero nessuno di noi riesce a ricordare cosa c’era prima. La sensazione più precisa e più acuta, per chi vive in questo momento, è di non sapere dove ogni giorno sta mettendo i piedi. Il terreno è friabile, le linee si sdoppiano, i tessuti si sfilacciano, le prospettive oscillano. Forse ci siamo estinti e ora stiamo ritornando?
    Aspetta!! Cominciamo a distinguere delle forme. Possiamo vedere… in lontananza… qualcosa di simile a uno spazio rosso… ci sono strani oggetti, facce, corpi, liquidi che scorrono, immagini in movimento, che brillano!

    WEEKEND ON THE GROUND
    Bologna, 29/31 Ottobre 2021

    Un nuovo weekend di Nomadica, al Menomale di Bologna, in via de’ Pepoli 1/A.
    Un omaggio ad Amos Vogel, un approfondimento su Gianfranco Brebbia.
    E poi film e materiali più o meno segreti, programmi/monologhi che creeranno un coro diafonico e disturbante.
    Venerdì 29 e sabato 30, dalle 17.00 alla notte; domenica al mattino. Saranno presenti filmmakers e curatori.
    Ingresso gratuito fino a esaurimento posti, con offerta libera e Green Pass.
    In collaborazione con Ass. Menomale APS e Comune di Bologna

    Venerdì 29 Ottobre

    h17.00 –
    Sabbia negli ingranaggi (I). Dedicato ad Amos Vogel.
    Film as a Subversive Art: Amos Vogel and Cinema 16 (Paul Cronin, 2003, 55′)

    h18.00
    L’arte di cadere (su una terra sconosciuta)
    a cura di Giuseppe Spina e Giulia Mazzone
    Mille Cipressi (Luca Ferri 2021, 13′)
    L’Estasi di Oleg (Francesco Selvi 2019, 20′)
    Pistacchi (Luca Sorgato 2019, 14′)
    The Garden (Pietro Librizzi 2020, 10′)
    (questo programma sarà presentato all’Istanbul Experimental Film Festival – 12/21.11.21).

    h19.30
    Aperitivo e amenità

    h21.00
    Le parole della notte
    a cura di Stefano Miraglia
    The road is dark and it’s a thin thin line (Carlo Galbiati 2021, 15’)
    O arrais do mar (Elisa Celda 2020, 18’)
    Vers le soleil (Nour Ouayda 2019, 18’)
    Je me souviens de Sunderland (Félix Fattal 2017, 12’)
    69 (Ignazio Fabio Mazzola 2021, 1’)

    h23.00
    La Machine infernale MMXXI
    live di Alessio Galbiati (ilcanediPavlov).
    Montaggio dal vivo per suoni e immagini di materiali ritrovati.




    •••

    Sabato 30 Ottobre

    h17.00
    Sabbia negli ingranaggi (II). Dedicato ad Amos Vogel.
    a cura di Tommaso Isabella

    h18.00
    A volte vorrei essere un sasso
    a cura del collettivo ৺ ෴ ර ∇ ❃ ﹌﹌
    Le Sibille (Lina Mangiacapre – le nemesiache, 1981, 25’)
    Agatha (Beatrice Gibson, 2012, 30’)
    Ida Western Exile (Courtney Stephens, 2020, 8’)

    h19.30
    Aperitivo e amenità

    h 21.00
    Idea assurda per un programma. Gianfranco Brebbia.
    a cura di Rinaldo Censi
    Ho fatto un film 1° (1970, 15′)
    Idea assurda per un filmaker. Ester. (1969, 12′)
    Extremity 2 (1968, 19′)
    Bet (1973, 5′)
    Bazar (1973, 4′)
    (In collaborazione con l’Archivio Gianfranco Brebbia)

    h 22.30
    Midnight Movie
    a cura di Riccardo Re



    •••

    Domenica 31 Ottobre

    h 10.30
    Incontro e proiezioni ad libitum.
    Sabbia negli ingranaggi (III). Dedicato ad Amos Vogel.

     


     

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  • (S8) Mostra de Cinema Periférico, A Coruña, Spagna

    On: 2 Giugno 2021
    In: Senza categoria
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    Giugno 2021.
    Nomadica è ospite della dodicesima edizione di (S8) Mostra de Cinema Periférico , A Coruña, Spagna.

    Di seguito il testo di presentazione e i film in programma.

     

    «Circa la grandezza del sole, il sole ha la grandezza di un piede umano».
    Così Aldo Braibanti – genio reso fantasma dalla società italiana – riprende in una sua opera il frammento col quale Eraclito svelava il paradosso di tutte quelle frasi che si arrestano all’apparenza. Cosciente del fatto che la natura ama nascondersi.

    IL CORPO LATENTE (un’immagine è tutte e nessuna).
    Latente è ciò che è nascosto e che non si è ancora rivelato chiaramente. Latente è ciò che possiamo già intra-vedere, riconoscere ma non del tutto, perché c’è una parte che resta celata e (ci) si nasconde. Si tratta dunque di strizzare gli occhi e guardare meglio, per ricercare in questi territori velati, che si danno per sottrazioni, e nei quali ognuno, filmmaker o spettatore, può scoprire un proprio sguardo, una propria idea, una propria personale sensazione. Ogni cosa che ci circonda, ogni corpo, ogni immagine del mondo ha un carattere di latenza (e un tempo di latenza): ogni immagine cela qualcosa e ne manifesta altre, e per questo movimento interno ogni immagine è tutte e nessuna in particolare.
    I percorsi di Nomadica si districano alla ricerca di un continuo svelare e ri-velare. Il nostro sforzo è concentrato sempre sullo schivare le forme esatte, le Verità, le standardizzazioni, e così vivere in un divenire vago che ci conduce facilmente verso zone sconosciute, in cui lasciarsi abbagliare, giocando coi rischi e i piaceri che una tale posizione comporta.
    C’è un fascino profondo determinato da una sorta di “alone sovrannaturale” sempre limpido e presente nel corpo/immagine del cinema, un elemento determinante dei cinemi che qui presentiamo.
    A (S8) dedichiamo un programma che in vari modi ha a che fare con noi e con tutto questo. Si tratta di cinque film – ma potrebbero essere cinquecento – realizzati tra la fine degli anni sessanta e i primi settanta, che portiamo come fantastici-fantasmatici casi di sperimentazione italiana. Film realizzati in regioni, modi e da filmmaker molto diversi tra loro, che riteniamo siano degli ottimi esempi di latenza (al cinema): latenze di immagini e di atti artistici, di corpi. Ma si tratta anche di latenze forzate: l’underground italiano è costellato di opere e filmmaker rimasti nascosti, a causa di un oblio imposto da progetti politico-finanziari che hanno condotto la cultura in altre direzioni, e che in qualche maniera ci portano a oggi.
    Ciò che ci affascina, e che va difeso con forza, è forse proprio questo gioco di guardare per sottrazione, di afferrare le presenze attraverso il velo – che è anche e sempre un modo insito in ogni sguardo di sperimentazione, in ogni atto di ricerca – e che ci mostra incessantemente la propria vitalità e potenza, che schiarisce e illumina, allontanando ogni nuvola.

    Con i film:
    Sole in mano (o appropriazione, a propria azione, azione propria)
    Marinella Pirelli, 1973, sonoro, 6min
    copia 16mm dall’Archivio Pirelli

    Doppio autoritratto
    Marinella Pirelli, 1974, sonoro, 12min
    copia 16mm dall’Archivio Pirelli

    Extremity n 2
    Gianfranco Brebbia, 1968, colore, silent, 20min, 8mm/HD
    file HD dalla Cineteca Italiana di Milano

    Nelda
    Piero Bargellini, 1969, B/N, silent, 5min, 16mm/Betacam
    copia Betacam dalla Cineteca Nazionale di Roma

    Trasferimento di modulazione
    Piero Bargellini, 1969, Colore, silent, 8min, 16mm
    copia 16mm dalla Cineteca Nazionale di Roma


    SINOSSI

    Sole in mano (o appropriazione, a propria azione, azione propria)
    Marinella Pirelli, 1973, sonoro, 6min
    Unico film in bianco e nero di Marinella, la mano dell’autrice si sostituisce all’otturatore della cinepresa, aprendo a forti contrasti chiaroscurali. Fondato sulla stretta relazione occhio-corpo-persona, Sole in mano è un gioco di piccoli gesti mirato sull’insistenza della visione. La cinepresa inquadra un orizzonte mentre la mano della cineasta, insieme al suo occhio, cerca di afferrare la materia di cui la luce si compone. Il sole si fa punto, cerchio, sfera: forma totale e ossessiva.

    Doppio autoritratto
    Marinella Pirelli, 1974, sonoro, 12min
    “In questo film ho cinematografato me stessa. Agisco contemporaneamente come operatore e come attrice. Nelle sequenze di movimento mi sposto con la cinepresa in mano rivolta verso di me. Nessuno controllava l’immagine attraverso la cinepresa durante la ripresa.
    La cinepresa era il mio partner: ognuno di voi è ora il mio partner”. (gennaio 1974, Marinella Pirelli)

    Extremity n 2
    Gianfranco Brebbia, 1968, 20min
    Esperimenti filmici-incandescenza, filtrare il sole-riprendere, attraverso la finestrella di un proiettore che funziona, solidi geometrici rotanti e riflettenti raggi colorati.

    Nelda
    Piero Bargellini, 1969, B/N, silent, 5min, 16mm/Betacam
    “Un ritratto di un’amica, Nelda. Un film esposto-sviluppato nel continuo spontaneo, atto di amore. Percepisco Nelda: donna-materia-energia, o la sua Unità… Esclamo: oh! la conoscenza di essere il reale presente scisso, oh! la presenza divenuta frazione biocosmica nel flash della meraviglia, oh si è accesa una lampada, le vibra­zioni che scuotono il mio essere, oh il sussulto la pulsazione … oh la modulazione dei battiti cardiaci il cuore organo musicale, oh! io sono felice! ho perso il corpo amandolo…
    La tecnica di sviluppo, deriva da quella sperimentata per Trasferimento di modulazione, qui puntualizzata, applicata con coscienza scientifica responsabile, cioè sperimentale”. (Piero Bargellini)

    Trasferimento di modulazione
    Piero Bargellini, 1969, 16mm “panortocromatico”, Colore, silent, 9min
    Bargellini rifilma in 16mm un film pornografico in 8mm.
    “L’immagine latente è un’immagine che c’è ma non si vede. Essa contiene l’alone, lo strato dei colori dell’iride. C’è un momento, nella fase di sviluppo del bianco e nero, in cui l’immagine latente si rivela per poi svanire. Se tu ti arresti in quel preciso momento, puoi fissare l’immagine latente prima che svanisca. In Trasferimento di modulazione ho fissato l’alone, e chi guarda il film, un film in bianco e nero, vede benissimo i gialli, gli azzurri e dei bianchi quasi bioelettrici. Si è soliti dire che l’anima dell’immagine è il negativo, che otteniamo quando l’immagine sboccia, viene alla luce. Ma l’anima dell’immagine è l’immagine latente, che viene prima dell’immagine negativa, nel momento stesso in cui impressioni la pellicola, la esponi alla luce. È quello il primo volto del fotogramma”. (Piero Bargellini).

    Una articolo di Javier Acevedo Nieto per la rivista Cinedivergente (in spagnolo)

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  • Dizionario dei luoghi comuni del cinema italiano

    On: 8 Novembre 2020
    In: Senza categoria
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    CAPIRE Edizioni, 2020

    Alessio Galbiati
    Dizionario dei luoghi comuni del cinema italiano
    Collana: LA NUOVA COLLANA COLORATA Coriandoli a cura di Francesco Selvi
    CAPIRE Edizioni Srls
    CartaCanta Editore | Risguardi Edizioni | EDM
    Pagine: 96 – Euro 9,00 – Ed. 966
    www.cartacantaeditore.it

    Il riferimento è Flaubert, nientemeno. Il contesto è l’Italia e la sua industria cinematografica, fino alle sue propaggini più indipendenti e anarchiche.
    Il Dizionario nasce da appunti e frammenti accumulati nel corso degli anni, strutturati in ordine alfabetico, con l’idea di raccontare i tic e le bestialità di un mondo e dei suoi abitanti.
    Una collezione dei petali del fiore che mai sfiorisce: la Stupidità umana.
    Un impietoso ritratto, divertente e divertito, dal quale nessuno può sentirsi escluso; men che meno l’autore.

    Sul nuovo libro di Alessio Galbiati, il Dizionario dei luoghi comuni del cinema italiano.

    Esistono molti stupidi manuali di cinema italiano, spesso venduti a universitari costretti a rimpinguare le tasche di professori a corto di idee e con l’obbligo di pubblicazione, professori che pur di continuare a ricoprire quei ruoli, pur di riempire quelle pagine bianche, ripetono i concetti più inutili, ritritano storie e storielle.
    Ci sono stupidi dizionari di cinema, annuali elenchi di titoli in rigoroso ordine alfabetico, accozzaglie di sinossi e giudizi affrettati (li chiamano critici e godono di grande stima), specchio della povertà e del minimalismo sinaptico. Vengono pubblicati annualmente e con la cadenza vile di ogni tradizione ripetono fino alla nausea gli stessi aneddoti.
    E ci sono stupidi cinefili, i paladini della critica, hanno spazi su giornali e riviste, scrivono di tutto sull’ultimo film visto in sala, usano e reinterpretano malamente frasi e concetti di filosofi e pensatori, smontandone involontariamente il valore, riducendoli a scarne fastidiose presenze, tant’è che citare Deleuze o Lacan è ormai diventata una pratica ridicola. Anche in questo caso a regnare è quella ripetizione stantia che genera il male supremo: lo stereotipo, che cancella. Il frutto celebrale del reazionario tradizionalista (che in molti casi si crede di sinistra). Perché quando tale pratica si diffonde diventa una “forza storica” e, nella fattispecie, la forza storica del cinema italiano, forza che avanza inesorabilmente.
    Se può esserci un antidoto a tutto questo da oggi c’è: si tratta del primo dizionario il cui oggetto è la Stupidità stessa. Le stupidità lette, dette, sentite, vissute negli anni, create e massificate per la massa, come massi, come macigni che con queste pagine oggi si sgretolano – o almeno dovrebbero sgretolarsi – in una risata più o meno amara. 
Il lettore, accantonando Whitman, si ritroverà a percorrere un sentiero (troppo) battuto e tempestato di merde, con certa fatica tenterà di evitarle ma alla fine certamente le incontrerà e le pesterà! Troverà cioè dei legami segreti tra i suoi pensieri e una, due, cento delle 463 voci di questo compendio di stereotipi che è il Dizionario dei luoghi comuni del cinema italiano. Gli effetti di questo cammino potranno essere illuminanti e divertiti o disgustati e indifferenti.
    Chi ha scritto questo libro, Alessio Galbiati, è mente attenta e sensibile, svincolata dagli interessi trasversali che condannano i molti. Prova ne è il suo decennale Rapporto Confidenziale, che oltre ad essere un atto pregevole per coerenza e linea è anche una rara rivista realmente indipendente dal panorama italico. Edito da Capire Edizioni, si tratta del primo volume di Coriandoli una collana diretta da quel salvatico – perché “salvatico è colui che si salva” – di Francesco Selvi.
    Questo libretto è una sorta di anti-manifesto che divertendo svela le Stupidità e, tra le righe, ne rivela le pratiche, stimola riflessioni e questioni sul cinema italiano. Sfogliare queste pagine vuol dire percorrere un passo e un sorriso verso la salvezza: attenzione però perché le merde/stereotipi si annidano nelle menti, bisogna attivarsi quantomeno per riconoscerle e magari cercare di evitarle. Ecco un piccolo strumento che senza dubbio aiuta chi è disponibile all’impresa.

 In coda al Dizionario il lettore troverà una breve e chiarificatrice raccolta, si tratta delle Scritte sui muri dei bagni dei cinema italiani – selezionate tra il 1995 e il 2020 – che rappresentano la rivelazione finale: mentre sugli schermi l’intellettuale italico tenta di occultare il proprio fallimento, nei cessi delle sale il pubblico più audace si lascia andare alle idee più originali, inedite e forse, infine, risolutrici. 
(gs)

    Bari, 2000

    Alessio Galbiati è critico cinematografico, fondatore e direttore editoriale di Rap-
    porto Confidenziale. Ha scritto per, e collaborato, con diverse testate cartacee e digitali, occupandosi perlopiù di quelle cose che si è soliti chiamare “film”; scrive trattamenti e sceneggiature per il cinema e la televisione. Come Flaiano, pensa che «L’arte sia un investimento di capitali, la cultura un alibi». Eccetera eccetera…

    CORIANDOLIQuando la letteratura ti mette il carnevale in testa
    a cura di Francesco Selvi.

    Si legge sempre meno, un problema!
    Le case editrici collassano, un problema!
    In Italia leggere è valutato, quando va bene, superfluo, un problema!
    Ma basta un poco di zucchero e la pillola va giù! Una pillola colorata e piccola, invitante, briosa, allegra e fresca!
    Questa pillola è la collana CORIANDOLI.
    Libri di piccolo formato stampati su carta colorata, ogni titolo una carta di colore diverso, illustrati all’interno con giallo&nero o malva&nero o….zafferano&nero!
    Libri che appunto siano ambigui come il carnevale: freschi e leggeri ma allo stesso tempo inquietanti e profondamente intelligenti, letture veloci ma su cui poter tornare più e più volte col piacere ogni volta di scoprire un aspetto nuovo.
    La collana CORIANDOLI non è dedita al qualunquismo, non vuole essere blanda e innocua letteratura da ombrellone, bensì affrontare il nostro mondo contemporaneo con feroce ironia, per far fissare sul viso del lettore un sorriso che ben presto si scoprirà essere quanto di più vicino ad un ringhio!
    Piccoli e maneggevoli, i libri della collana CORIANDOLI dovranno avere un costo modico, non oltrepassando mai i dieci €, superbi nell’aspetto grafico e belli sotto l’aspetto visivo.
    Ogni volumetto sarà stampato in 200 copie numerate, confidando in più e più ristampe.

    Il Carnevale, in opposizione alla festa ufficiale, era il trionfo di una sorta di liberazione temporanea della verità dominante e dal regime esistente, l’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole e dei tabù. Era l’autentica festa del tempo, del divenire, degli avvicendamenti e del rinnovamento. Si opponeva ad ogni perpetuazione, ad ogni carattere definitivo e ad ogni fine.
    M. Bachtin

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  • 10 film di Joseph Bernard

    On: 23 Ottobre 2020
    In: Senza categoria
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    10 FILM DI JOSEPH BERNARD

    Joseph Bernard vive a Troy, nel Michigan (USA), per un periodo della sua carriera, dal 1975 al 1985, ha lavorato con il mezzo cinematografico e in particolare con il Super8 realizzando più di 100 film. Allievo di Stan Brakhage, ha sperimentato un linguaggio che sviluppa la tecnica del collage cinetico. Un lavoro estremamente minuzioso se si pensa che la larghezza del Super8 è di circa mezzo centimetro. JB filma, rimonta e smonta i suoi film, con un fare che per semplificare potremmo considerare duale: da una parte la creazione del singolo fotogramma, il quadro, che può essere considerato opera-a-sé, realizzato con decine di tecniche differenti dalla ripresa diaristica e fotografica al camera-less. Dall’altra la messa in sequenza/movimento di queste cellule, cioè la relazione dei singoli fotogrammi così come delle luci, delle rifrazioni, dei colori e delle linee in esse contenute – anche qui con tecniche varie e un montaggio che può avvenire in camera o con un estremo lavoro di tagli. Bernard completa così i suoi lavori venendo fuori dalla pura astrazione e creando un complesso di pensieri, un discorso filosofico, artistico, personale.
    I suoi film sono stati proiettati al Detroit Institute of Arts, Chicago Filmmakers, Rutgers University, San Francisco Cinematheque, Ann Arbor Film Festival, Spektrum in Berlin, Dublin’s Irish Film Institute, Cineinfinito in Barcelona, NYC’s Museum of Modern Art e in decine di altri spazi.

    Pubblichiamo una selezione di 10 film di Joseph Bernard (per un totale di 90 minuti circa), corredata da un saggio di Phil Coldiron del 2015, scritto per la rivista Cinema Scope in occasione della pubblicazione del blu-ray Prismatic Music, e da un’intervista all’autore di Jeanette Strezinski alla Batista Gallery il 17 aprile 2004. Entrambi i testi sono stati tradotti in italiano. Ringraziamo Joseph e la moglie MariaLuisa per la disponibilità e l’amicizia, Jeanette Strezinski e Phil Coldiron per aver dato il consenso alla pubblicazione.

    A cura di Riccardo Re e Giuseppe Spina, la revisione delle traduzioni è di Stefano Miraglia.

    Il sito di Joseph Bernard : http://www.josephbernard.com/

    Joseph Bernard, intervista di Jeanette Strezinski – Batista Gallery, 17 aprile 2004 • ITA // ENG
    Implicazioni di una Totalità: Fotogrammi per i film di Joseph Bernard, di Phil Coldiron, in Cinema Scope 63 • ITA // ENG

    CHAMBER (1977)

    Il titolo del film tiene conto dei significati e delle implicazioni della parola “camera”, come parte del cuore, musica intima, oscurità, stanza, cinepresa, prigione, cilindro di una pistola… vuoto o carico. Chamber ha sancito la mia conversione da pittore a cineasta.

    JSB AT 9 (1978)

    Ritratto montato interamente in camera di Jessie Serafina Bernard, tra il sole e l’ombra di un tardo pomeriggio d’estate.

    RITUAL (1979)

    Questo è uno di quei rari casi di montaggio in camera totale che offrirà spunti per i miei successivi e più stratificati film. Il ritmo e le dissolvenze incrociate sono state un regalo perfetto! Super8, muto, sperimentale.

    DIVERSION (1980)

    Un naturale accompagnamento a Ritual. Entrambi i film sono densamente compressi e aprono diverse opzioni al lavoro futuro. Super8, muto.

    SPLICES FOR SHARITS (1980)

    Questo omaggio al regista strutturalista Paul Sharits è stato realizzato ri-fotografando migliaia di giunture, e organizzandole in quattro movimenti. L’immagine continua della linea di giuntura implica quasi un paesaggio onirico/una linea d’orizzonte. Ho incontrato Sharits poco dopo aver completato il film e gliene ho regalato una stampa a cui ha risposto con entusiasmo. Super8, muto, sperimentale.

    EYE REELS (1980)

    Una fusione intricata di astrazioni dal sapore celtico, home movies e un festival di danza irlandese, montata avendo in mente proprio quelle mosse. Le riprese rapide e la modellazione densa all’interno del film trovano i loro echi nei ricami, nei pizzi, nella lavorazione della pietra e del metallo – tutto ciò deriva dal linguaggio stesso; sia nel suono che nell’aspetto calligrafico.

    NIGHT MIX (1982)

    Una risposta a un dibattito fra me e un amico fotografo, immagine fissa vs immagine in movimento. Night Mix contiene un ampio vocabolario filmico grazie al largo impiego di fotogrammi incollati, macchiati di inchiostro, sbiancati, disegnati e pesantemente giuntati fra loro. Il montaggio è astrattamente e ritmicamente intenso. È girato a Provincetown. Super8, muto, colore, b&w. Dedicato a Bill Gubbins.

    VARIANT CHANTS (1983)

    Una danza celebrativa dervisci fatta di luce, colore e movimento. È una combinazione di riprese in esterni e tabletop shootings che includono oggetti, diapositive 35mm e immagini dei miei primi dipinti su vetro. Super8, muto, non-narrativo.

    FILM FOR UNTITLED VIEWER (1983)

    Un soliloquio itinerante senza giunture che accoglie lo spettatore solitario, sconosciuto e perspicace con cui condivido il film.

    HER MOVES (1985)

    12 filmati intrecciati di donne impegnate in attività personali – ciascuna filmata separatamente, quindi montata in una sorta di danza collettiva. Il mio ultimo film completo.

     

     

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  • 15° MONTREAL UNDERGROUND FILM FESTIVAL

    On: 15 Settembre 2020
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    Luminous Variations in the City Skies by Giuseppe Spina,
    will be shown at 15° MONTREAL UNDERGROUND FILM FESTIVAL, Canada, in the program titled “SATNAV”.

    The 15th Edition of The Montreal Underground Film Festival
    La 15ème édition du Festival de films underground de Montréal

     

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