• A Lava step at any time

    On: 25 Settembre 2024
    In: Senza categoria
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    A Lava step at any time emulsions, ancient lavas, scratches and other volcanic experiences // “A Lava step at any time Am I inclined to climb— A Crater I may contemplate” (EM)

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  • STAR SPLITTER Gabriele Mitelli, Rob Mazurek MEDEA

    On: 19 Maggio 2024
    In: Senza categoria
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    STAR SPLITTER
    Gabriele Mitelli, Rob Mazurek
    MEDEA


    a film for Mitelli/Mazurek’s MEDEA by Giuseppe Spina
    2024, 5′ 35”, Super 8
    musical excerpt from the track: Revenge part I: the cloak and crown


    We Insist! Records
    https://weinsistrecords.com/star-splitter-medea-lp/


    Gabriele Mitelli, cornet, trumpet, voice, electronics
    Rob Mazurek, piccolo trumpet, trumpet, voice, electronics


    To MOMI, “PAZZO GRIGIO”


    Duo in the mirror that, in a continuous game of doubling and multiplication, ventures into another world, dense with unexpectedness and vital thrills. Sun Ra and post-rock, as well as Chicago experimentation and echoes of the world of Suzanne Ciani and minimal music, are the hints one can sense while listening to Medea, a journey to the edge and beyond. Star Splitter’s new album comes five years after the debut album, a period in which the two artists experimented with the infinite possibilities of this lineup, the length and breadth of Europe, at some of the most important festivals. In complete freedom, a three-day session in the recording studio in Reggio Calabria gave birth to Medea, a dedication, in retrospect, to the film work of Pier Paolo Pasolini.


    Duo allo specchio che, in un continuo gioco di sdoppiamenti e moltiplicazioni, si avventura in un mondo altro, denso di imprevisti e di brividi vitali. Sun Ra e il post rock, così come la sperimentazione di Chicago e gli echi del mondo di Suzanne Ciani e della minimal music sono i sentori che si avvertono durante l’ascolto di Medea, un percorso al limite, e oltre. Il nuovo album di Star Splitter, arriva 5 anni dopo il disco d’esordio, periodo in cui i due artisti hanno sperimentato le infinite possibilità di questa formazione, in lungo e in largo per l’Europa, in alcuni dei festival più importanti. Una sessione di tre giorni in studio di registrazione a Reggio Calabria, in completa libertà, ha dato vita a Medea, una dedica, a posteriori, all’opera cinematografica di Pier Paolo Pasolini.


    booking&management
    Danielle Osteroop 
    danielle@oosterop.com


    Compositions by Gabriele Mitelli and Rob Mazurek
    Recorded & Mixed by Alessio “LeX” Mauro, at LM Recording Studio (RC, Italy) on 2022
    Mastering by Alessio “LeX” Mauro, at LM Recording Studio (RC, Italy)
    Cover art by Rob Mazurek
    Graphic design by Maria Borghi
    Produced by WE INSIST! ets, 2024
    Publisher WE INSIST! ets
    Manufacture by Rand Muzik/Vinilificio, March 2024
    Printed by Grafiche Mariano S.r.l., March 2024

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  • Do you need a sign? • Intervista a Giuseppe Spina (luglio 2019)

    On: 29 Novembre 2023
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    Intervista a Giuseppe Spina.
    Mauro Leone per Do you need a sign?

    1. Cos’è il pensiero nomadico e come si collega il tuo percorso personale alle finalità del progetto Nomadica?

    È quel pensiero che non può essere catalogato, che non si lascia agganciare, che non si incatena a metodiche e non mette radici in teorie ma semmai le attraversa, che non cavalca le tendenze e non sottostà a tempi e contemporaneità altre. C’è Deleuze alla base di questo concetto, ma anche Aldo Braibanti nello stesso periodo teorizzava – applicandoli al suo teatro – i tre fondamenti: “decentramento, desaturazione, deconcentrazione”, che credo siano legatissimi al pensiero nomade. Per quanto mi riguarda, essendo cresciuto nel deserto, sono naturalmente immerso in queste intuizioni, e mi lascio la possibilità di sperimentare, di svincolarmi da generi, tecniche, mezzi ed estetiche. Questo mi permette di non cadere nelle trappole di aggregazioni artificiose e dogmatiche, e nelle varie manifestazioni di potere di cui sono portatrici.
    Tutto ciò coincide con il progetto, che ho da sempre sviluppato con Giulia e che può essere considerato il nostro specchio costante.  
    (Poi comunque molta gente ti cataloga lo stesso senza avere idea di ciò che dice, ma che ci vuoi fare)

    2. Nel sito ho trovato interessante la citazione che fai di A. Badiou “non occorre oggi tendere all’inclusione, ma al contrario, all’esclusione” riferita immagino alla ricerca di percorsi paralleli a quello della commercializzazione e alle politiche vigenti. Mi spieghi meglio questa visione?

    È proprio così, e vale per l’atto di creazione come per la sua diffusione. I contesti in cui si crea una voce unica, o un modo di fare prende supremazia, o che semplicemente si standardizzano, in qualche modo e per forza di cose, si corrompono. Le muffe, in un processo naturale, si formano e, avanzando, attaccano anche la cosa più pura, il pane quotidiano, e chi non è immune si ammala, si infetta, si corrompe (questo mi fa comprendere meglio il mio amore per le muffe). Purtroppo non è l’unica forma di degenerazione con cui abbiamo a che fare nel nostro lavoro.
    C’è tanta corruzione intellettuale e artistica quanto politica. Il sistema culturale italiano segue oggi, nel suo farsi, una metodologia che potremmo definire di “stampo mafioso”: affiliazione e riciclaggio di denaro. Ovunque ritrovi gente arroccata che sfrutta le proprie comparanze, amicizie, parentele: eccola lì ad ottenere il necessario e il superfluo, vivere di rendita, ma se vai a grattare ti accorgi che nel 90% dei casi è gente che non ha i presupposti per occupare certe posizioni. Prendi il cinema, per fare solo qualche esempio: non c’è un sistema di valutazione e assegnazione dei bandi di distribuzione e di produzione che si possa dire corretto e degno, ci sono i big producers che si spartiscono il bottino e un popolo di affamati all’arrembaggio pronto a tutto pur di fare il proprio filmetto e guadagnarci sopra, arraffando le briciole. I soggetti del film italiano contemporaneo non vanno certo in altre direzioni: pensa ad esempio al gioco finto-intellettuale di chi sfrutta le sofferenze e i mali altrui in nome della “denuncia sociale”, o della “memoria” (memorie andate a male) – sono temi molto in voga tra i giovani e i “pitch”. O alle decine di film a milioni di euro di cui nessuno vedrà un fotogramma ma finanziati chissà perché e grazie a chi. Lo stesso restauro di film e pellicole più o meno andate a male, spesso è un ulteriore modo di riciclare denaro e idee. È il disastro. Di fronte a una situazione del genere o ti metti una maschera e vai all’assalto, cosa inutile perché il muro è di gomma; oppure scegli un’altra via: l’esclusione, restarne fuori, soli. Si tratta però di un disastro banale, che bisogna riconoscere e analizzare certo, ma a cui non bisogna dare peso: oggi se porti avanti un discorso “estraneo” sei naturalmente escluso, ma soprattutto – cosa più importante – col tempo ne prendi consapevolezza e ti autoescludi. Resti fuori da tutto. E così puoi ricominciare a riflettere e (de)costruire, ad libitum.


    3. Nel sito c’è una sezione denominata “Realizzazioni” e un’altra “Decostruzioni”. Nella prima sono raccolte una serie di opere integrate nel progetto Nomadica… la seconda sembra raccogliere opere e interventi affini alla ricerca e all’estetica dello stesso progetto. In che rapporto stanno? Quali sono le caratteristiche dell’una e dell’altra?

    La prima riguarda i lavori che, in modi differenti, sono collegati a Nomadica, con collaborazioni o intenti comuni di ogni tipo. “Decostruzioni” è per certi versi un’azione nomadica, trovi di tutto e tutto è legato da fili non facilmente identificabili, legato alla nostra vita.


    4. Qual è (se c’è) il presupposto di un artista svincolato dai canali tradizionali di produzione e commercializzazione?

    Credo che l’unica finalità della ricerca debba essere la ricerca stessa. Lontano da egotismi vari, dal “saper comunicare”, dalle “contemporaneità”, dai guadagni facili, e da tutta quella roba che gronda grasso. A mio parere occorre cercare di conoscere e saper curare tutti gli aspetti utili alle proprie finalità e, quando necessario, cioè sempre, rivedere le proprie finalità in base ai mezzi che si hanno a disposizione, cercando comunque di sviluppare un modo, una propria visione del mondo. Avere la forza e la capacità di fare un proprio discorso, riconoscerlo e sprofondarci dentro.


    5. Il tuo approccio artistico. Ti chiedo da cosa è attratto il tuo occhio quando si trova dietro la macchina da presa? Cosa è per te il cinema?

    Credo che esistano infiniti “cinemi” che ci circondano  – che non devono per forza ritrovarsi in un film, più o meno conchiuso. Non ha importanza esserne coscienti, sono lì, in uno spazio-tempo indefinito che coincide con l’istante soggettivo di ogni essere umano. L’occhio ne è il confine. Da una parte quella che Lucrezio definì “l’immagine lieve delle cose” che si distacca, i simulacri che vagano nel mondo, dall’altra il varco, la percezione dell’occhio. Mi interessa molto la fase di ricezione, un attimo prima che il cervello decodifichi razionalmente. Mi interessa il mistero di certe forme, trame, di certe testure. Non c’è un “dietro la macchina da presa”, quando da ragazzino inizi a guardare le cose e a metterle insieme stai già sviluppando un tuo modo di vedere, e poi inizi a far qualcosa in più per bloccare/muovere questi processi, cinematografare. Mi interessano le forze invisibili che si manifestano, e ogni mio lavoro cerca di indagare differenti rapporti di forza. Il segno/parola, le mostruosità del Potere, le lotte tra parola/musica/immagini, buio/luce, fuoco/terra, le forme e le sue distorsioni, le forze delle linee e le textures che l’occhio immobilizza.


    6 Progetti futuri di Nomadica.

    Il nostro è un percorso che per certi versi non si ripete mai due volte, e spesso attua metodologie di gestione e di linguaggi inedite. Quest’anno tra i vari appuntamenti vorremmo ri-proporre, sempre al Menomale di Bologna, il “weekend coi morti”, un lungo fine settimana di proiezioni sotterranee e incontri con autori e curatori, film in anteprima italiana provenienti da ogni parte del mondo (qui il link del 2018  https://www.nomadica.eu/weekend/  ). Ci stiamo lavorando e proprio in questi giorni ci rendiamo conto che, anche volendo replicare quanto fatto l’altro anno, ci ritroviamo volutamente in una condizione nuova, stiamo inventando e mettendo in piedi un discorso inedito non solo nei contenuti ma nelle sue strutture. Evidentemente non siamo in grado di “ripeterci”, e questo genera anche una condizione di costante instabilità, che riteniamo importante. È un distruggere e rigenerare continuo. E a tal proposito, negli ultimi anni, stiamo lavorando a un film che ha a che fare col vulcano, l’Etna, dove sono nato e cresciuto. Un esperimento, un’esplorazione negli anfratti del vulcano, dei suoi caratteri fantasmatici, visionari, mitologici.
    Sono progetti per noi importanti, vissuti nel presente e che nei prossimi periodi cercheremo di far emergere.”

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  • (S8) Mostra de Cinema Periférico, A Coruña, Spagna

    On: 2 Giugno 2021
    In: Senza categoria
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    Giugno 2021.
    Nomadica è ospite della dodicesima edizione di (S8) Mostra de Cinema Periférico , A Coruña, Spagna.

    Di seguito il testo di presentazione e i film in programma.

     

    «Circa la grandezza del sole, il sole ha la grandezza di un piede umano».
    Così Aldo Braibanti – genio reso fantasma dalla società italiana – riprende in una sua opera il frammento col quale Eraclito svelava il paradosso di tutte quelle frasi che si arrestano all’apparenza. Cosciente del fatto che la natura ama nascondersi.

    IL CORPO LATENTE (un’immagine è tutte e nessuna).
    Latente è ciò che è nascosto e che non si è ancora rivelato chiaramente. Latente è ciò che possiamo già intra-vedere, riconoscere ma non del tutto, perché c’è una parte che resta celata e (ci) si nasconde. Si tratta dunque di strizzare gli occhi e guardare meglio, per ricercare in questi territori velati, che si danno per sottrazioni, e nei quali ognuno, filmmaker o spettatore, può scoprire un proprio sguardo, una propria idea, una propria personale sensazione. Ogni cosa che ci circonda, ogni corpo, ogni immagine del mondo ha un carattere di latenza (e un tempo di latenza): ogni immagine cela qualcosa e ne manifesta altre, e per questo movimento interno ogni immagine è tutte e nessuna in particolare.
    I percorsi di Nomadica si districano alla ricerca di un continuo svelare e ri-velare. Il nostro sforzo è concentrato sempre sullo schivare le forme esatte, le Verità, le standardizzazioni, e così vivere in un divenire vago che ci conduce facilmente verso zone sconosciute, in cui lasciarsi abbagliare, giocando coi rischi e i piaceri che una tale posizione comporta.
    C’è un fascino profondo determinato da una sorta di “alone sovrannaturale” sempre limpido e presente nel corpo/immagine del cinema, un elemento determinante dei cinemi che qui presentiamo.
    A (S8) dedichiamo un programma che in vari modi ha a che fare con noi e con tutto questo. Si tratta di cinque film – ma potrebbero essere cinquecento – realizzati tra la fine degli anni sessanta e i primi settanta, che portiamo come fantastici-fantasmatici casi di sperimentazione italiana. Film realizzati in regioni, modi e da filmmaker molto diversi tra loro, che riteniamo siano degli ottimi esempi di latenza (al cinema): latenze di immagini e di atti artistici, di corpi. Ma si tratta anche di latenze forzate: l’underground italiano è costellato di opere e filmmaker rimasti nascosti, a causa di un oblio imposto da progetti politico-finanziari che hanno condotto la cultura in altre direzioni, e che in qualche maniera ci portano a oggi.
    Ciò che ci affascina, e che va difeso con forza, è forse proprio questo gioco di guardare per sottrazione, di afferrare le presenze attraverso il velo – che è anche e sempre un modo insito in ogni sguardo di sperimentazione, in ogni atto di ricerca – e che ci mostra incessantemente la propria vitalità e potenza, che schiarisce e illumina, allontanando ogni nuvola.

    Con i film:
    Sole in mano (o appropriazione, a propria azione, azione propria)
    Marinella Pirelli, 1973, sonoro, 6min
    copia 16mm dall’Archivio Pirelli

    Doppio autoritratto
    Marinella Pirelli, 1974, sonoro, 12min
    copia 16mm dall’Archivio Pirelli

    Extremity n 2
    Gianfranco Brebbia, 1968, colore, silent, 20min, 8mm/HD
    file HD dalla Cineteca Italiana di Milano

    Nelda
    Piero Bargellini, 1969, B/N, silent, 5min, 16mm/Betacam
    copia Betacam dalla Cineteca Nazionale di Roma

    Trasferimento di modulazione
    Piero Bargellini, 1969, Colore, silent, 8min, 16mm
    copia 16mm dalla Cineteca Nazionale di Roma


    SINOSSI

    Sole in mano (o appropriazione, a propria azione, azione propria)
    Marinella Pirelli, 1973, sonoro, 6min
    Unico film in bianco e nero di Marinella, la mano dell’autrice si sostituisce all’otturatore della cinepresa, aprendo a forti contrasti chiaroscurali. Fondato sulla stretta relazione occhio-corpo-persona, Sole in mano è un gioco di piccoli gesti mirato sull’insistenza della visione. La cinepresa inquadra un orizzonte mentre la mano della cineasta, insieme al suo occhio, cerca di afferrare la materia di cui la luce si compone. Il sole si fa punto, cerchio, sfera: forma totale e ossessiva.

    Doppio autoritratto
    Marinella Pirelli, 1974, sonoro, 12min
    “In questo film ho cinematografato me stessa. Agisco contemporaneamente come operatore e come attrice. Nelle sequenze di movimento mi sposto con la cinepresa in mano rivolta verso di me. Nessuno controllava l’immagine attraverso la cinepresa durante la ripresa.
    La cinepresa era il mio partner: ognuno di voi è ora il mio partner”. (gennaio 1974, Marinella Pirelli)

    Extremity n 2
    Gianfranco Brebbia, 1968, 20min
    Esperimenti filmici-incandescenza, filtrare il sole-riprendere, attraverso la finestrella di un proiettore che funziona, solidi geometrici rotanti e riflettenti raggi colorati.

    Nelda
    Piero Bargellini, 1969, B/N, silent, 5min, 16mm/Betacam
    “Un ritratto di un’amica, Nelda. Un film esposto-sviluppato nel continuo spontaneo, atto di amore. Percepisco Nelda: donna-materia-energia, o la sua Unità… Esclamo: oh! la conoscenza di essere il reale presente scisso, oh! la presenza divenuta frazione biocosmica nel flash della meraviglia, oh si è accesa una lampada, le vibra­zioni che scuotono il mio essere, oh il sussulto la pulsazione … oh la modulazione dei battiti cardiaci il cuore organo musicale, oh! io sono felice! ho perso il corpo amandolo…
    La tecnica di sviluppo, deriva da quella sperimentata per Trasferimento di modulazione, qui puntualizzata, applicata con coscienza scientifica responsabile, cioè sperimentale”. (Piero Bargellini)

    Trasferimento di modulazione
    Piero Bargellini, 1969, 16mm “panortocromatico”, Colore, silent, 9min
    Bargellini rifilma in 16mm un film pornografico in 8mm.
    “L’immagine latente è un’immagine che c’è ma non si vede. Essa contiene l’alone, lo strato dei colori dell’iride. C’è un momento, nella fase di sviluppo del bianco e nero, in cui l’immagine latente si rivela per poi svanire. Se tu ti arresti in quel preciso momento, puoi fissare l’immagine latente prima che svanisca. In Trasferimento di modulazione ho fissato l’alone, e chi guarda il film, un film in bianco e nero, vede benissimo i gialli, gli azzurri e dei bianchi quasi bioelettrici. Si è soliti dire che l’anima dell’immagine è il negativo, che otteniamo quando l’immagine sboccia, viene alla luce. Ma l’anima dell’immagine è l’immagine latente, che viene prima dell’immagine negativa, nel momento stesso in cui impressioni la pellicola, la esponi alla luce. È quello il primo volto del fotogramma”. (Piero Bargellini).

    Una articolo di Javier Acevedo Nieto per la rivista Cinedivergente (in spagnolo)

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  • Dizionario dei luoghi comuni del cinema italiano

    On: 8 Novembre 2020
    In: Senza categoria
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    CAPIRE Edizioni, 2020


    Alessio Galbiati
    Dizionario dei luoghi comuni del cinema italiano
    Collana: LA NUOVA COLLANA COLORATA Coriandoli a cura di Francesco Selvi
    CAPIRE Edizioni Srls
    CartaCanta Editore | Risguardi Edizioni | EDM
    Pagine: 96 – Euro 9,00 – Ed. 966
    www.cartacantaeditore.it

    Il riferimento è Flaubert, nientemeno. Il contesto è l’Italia e la sua industria cinematografica, fino alle sue propaggini più indipendenti e anarchiche.
    Il Dizionario nasce da appunti e frammenti accumulati nel corso degli anni, strutturati in ordine alfabetico, con l’idea di raccontare i tic e le bestialità di un mondo e dei suoi abitanti.
    Una collezione dei petali del fiore che mai sfiorisce: la Stupidità umana.
    Un impietoso ritratto, divertente e divertito, dal quale nessuno può sentirsi escluso; men che meno l’autore.


    Sul nuovo libro di Alessio Galbiati, il Dizionario dei luoghi comuni del cinema italiano.

    Esistono molti stupidi manuali di cinema italiano, spesso venduti a universitari costretti a rimpinguare le tasche di professori a corto di idee e con l’obbligo di pubblicazione, professori che pur di continuare a ricoprire quei ruoli, pur di riempire quelle pagine bianche, ripetono i concetti più inutili, ritritano storie e storielle.
    Ci sono stupidi dizionari di cinema, annuali elenchi di titoli in rigoroso ordine alfabetico, accozzaglie di sinossi e giudizi affrettati (li chiamano critici e godono di grande stima), specchio della povertà e del minimalismo sinaptico. Vengono pubblicati annualmente e con la cadenza vile di ogni tradizione ripetono fino alla nausea gli stessi aneddoti.
    E ci sono stupidi cinefili, i paladini della critica, hanno spazi su giornali e riviste, scrivono di tutto sull’ultimo film visto in sala, usano e reinterpretano malamente frasi e concetti di filosofi e pensatori, smontandone involontariamente il valore, riducendoli a scarne fastidiose presenze, tant’è che citare Deleuze o Lacan è ormai diventata una pratica ridicola. Anche in questo caso a regnare è quella ripetizione stantia che genera il male supremo: lo stereotipo, che cancella. Il frutto celebrale del reazionario tradizionalista (che in molti casi si crede di sinistra). Perché quando tale pratica si diffonde diventa una “forza storica” e, nella fattispecie, la forza storica del cinema italiano, forza che avanza inesorabilmente.
    Se può esserci un antidoto a tutto questo da oggi c’è: si tratta del primo dizionario il cui oggetto è la Stupidità stessa. Le stupidità lette, dette, sentite, vissute negli anni, create e massificate per la massa, come massi, come macigni che con queste pagine oggi si sgretolano – o almeno dovrebbero sgretolarsi – in una risata più o meno amara. 
Il lettore, accantonando Whitman, si ritroverà a percorrere un sentiero (troppo) battuto e tempestato di merde, con certa fatica tenterà di evitarle ma alla fine certamente le incontrerà e le pesterà! Troverà cioè dei legami segreti tra i suoi pensieri e una, due, cento delle 463 voci di questo compendio di stereotipi che è il Dizionario dei luoghi comuni del cinema italiano. Gli effetti di questo cammino potranno essere illuminanti e divertiti o disgustati e indifferenti.
    Chi ha scritto questo libro, Alessio Galbiati, è mente attenta e sensibile, svincolata dagli interessi trasversali che condannano i molti. Prova ne è il suo decennale Rapporto Confidenziale, che oltre ad essere un atto pregevole per coerenza e linea è anche una rara rivista realmente indipendente dal panorama italico. Edito da Capire Edizioni, si tratta del primo volume di Coriandoli una collana diretta da quel salvatico – perché “salvatico è colui che si salva” – di Francesco Selvi.
    Questo libretto è una sorta di anti-manifesto che divertendo svela le Stupidità e, tra le righe, ne rivela le pratiche, stimola riflessioni e questioni sul cinema italiano. Sfogliare queste pagine vuol dire percorrere un passo e un sorriso verso la salvezza: attenzione però perché le merde/stereotipi si annidano nelle menti, bisogna attivarsi quantomeno per riconoscerle e magari cercare di evitarle. Ecco un piccolo strumento che senza dubbio aiuta chi è disponibile all’impresa.

 In coda al Dizionario il lettore troverà una breve e chiarificatrice raccolta, si tratta delle Scritte sui muri dei bagni dei cinema italiani – selezionate tra il 1995 e il 2020 – che rappresentano la rivelazione finale: mentre sugli schermi l’intellettuale italico tenta di occultare il proprio fallimento, nei cessi delle sale il pubblico più audace si lascia andare alle idee più originali, inedite e forse, infine, risolutrici. 
(gs)

    Bari, 2000


    Alessio Galbiati è critico cinematografico, fondatore e direttore editoriale di Rap-
    porto Confidenziale. Ha scritto per, e collaborato, con diverse testate cartacee e digitali, occupandosi perlopiù di quelle cose che si è soliti chiamare “film”; scrive trattamenti e sceneggiature per il cinema e la televisione. Come Flaiano, pensa che «L’arte sia un investimento di capitali, la cultura un alibi». Eccetera eccetera…


    CORIANDOLIQuando la letteratura ti mette il carnevale in testa
    a cura di Francesco Selvi.

    Si legge sempre meno, un problema!
    Le case editrici collassano, un problema!
    In Italia leggere è valutato, quando va bene, superfluo, un problema!
    Ma basta un poco di zucchero e la pillola va giù! Una pillola colorata e piccola, invitante, briosa, allegra e fresca!
    Questa pillola è la collana CORIANDOLI.
    Libri di piccolo formato stampati su carta colorata, ogni titolo una carta di colore diverso, illustrati all’interno con giallo&nero o malva&nero o….zafferano&nero!
    Libri che appunto siano ambigui come il carnevale: freschi e leggeri ma allo stesso tempo inquietanti e profondamente intelligenti, letture veloci ma su cui poter tornare più e più volte col piacere ogni volta di scoprire un aspetto nuovo.
    La collana CORIANDOLI non è dedita al qualunquismo, non vuole essere blanda e innocua letteratura da ombrellone, bensì affrontare il nostro mondo contemporaneo con feroce ironia, per far fissare sul viso del lettore un sorriso che ben presto si scoprirà essere quanto di più vicino ad un ringhio!
    Piccoli e maneggevoli, i libri della collana CORIANDOLI dovranno avere un costo modico, non oltrepassando mai i dieci €, superbi nell’aspetto grafico e belli sotto l’aspetto visivo.
    Ogni volumetto sarà stampato in 200 copie numerate, confidando in più e più ristampe.

    Il Carnevale, in opposizione alla festa ufficiale, era il trionfo di una sorta di liberazione temporanea della verità dominante e dal regime esistente, l’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole e dei tabù. Era l’autentica festa del tempo, del divenire, degli avvicendamenti e del rinnovamento. Si opponeva ad ogni perpetuazione, ad ogni carattere definitivo e ad ogni fine.
    M. Bachtin

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