Luca Ferri

Agazzi. D. – BIOGRAFIA RAGIONATA DI LUCA FERRI 2014-15 – rev.18 – pdf


cane caro / dog, dear

ita, 2015, 18′
director / regia: Luca Ferri
editing / montaggio: Samantha Angeloni
production / produzione: Nomadica & Luca Ferri

An old man takes his beloved dog to a severe hospital run by a Russian doctor who looks like Adorno. His quadruped’s blood has to be cleaned by some automated machines. During his long and draining wait, he observes the medical procedures and all the assistants’ actions reflecting on the pleasure he feels in relying on the automatisms of the mechanical procedures.

Un anziano signore porta il suo amato cane in una severa clinica da un dottore russo somigliante ad Adorno. Il sangue del suo quadrupede deve essere pulito attraverso alcune macchine automatiche. Nella lunga ed estenuante attesa osserva i procedimenti medici e tutti i movimenti degli infermieri mentre riflette sul piacere che prova nell’affidarsi agli automatismi dei procedimenti meccanici.

KAPUTT – KATASTROPHE

Italia, 2012, 00:15:50
sviluppo e montaggio 
Simone Marchi
musiche: Dario Agazzi
regia: Luca Ferri
produzione: Nomadica & Luca Ferri

In una Zurigo soleggiata ed estiva i giovani di tutta Europa si sono dati appuntamento per la “Street Parade”. L’obiettivo è quello di essere diversi, originali, modernamente proiettati alla sovversione dello stato attuale delle cose. La nuova regola per le prossime otto ore è la trasgressione delle regole. Tutti sono improvvisamente diventati attori senza spettatore alcuno nell’intento sbilenco di rappresentare disgraziatamente se stessi. Una partitura musicale scritta rigorosamente viene stancamente e ossessivamente suonata, mentre una voce meccanica “off” ci ripete di un’umana condizione catastroficamente immutata e immutabile. Nel deforme e grottesco fluire delle vicende umane appare improvvisamente un vetusto alpeggiatore barbuto a guardarci e guardare per qualche secondo. Forse è una tregua, immaginiamo un luogo per sperare, ma poi tutto ricomincia come se nulla fosse accaduto dal medesimo punto dove tutto è iniziato. Non c’è luogo, non c’è vita, non c’è modo di sperar, non c’è.

ECCE UBU

Italia, 2012, 01:00:00, super 8
in collaborazione con Alberto Valtellina
musiche: Dario Agazzi
regia: Luca Ferri

Il film è un calcolo matematico che per compiersi necessita di un’apparizione patafisica.
Sessanta scene girate in super 8, di diversa estrazione, sono state recuperate dall’archivio “Cinescatti” di Lab80film. Sono filmati elementari di viaggi, di vita familiare o di manifestazioni, ma anche filmati “non filmati”, registrati per dimenticanza di spengimento dell’apparecchio filmico.
L’opera non s’interessa a nessuna ricostruzione storica o rievocazione di un mezzo ormai deceduto, ma si limita a creare un meccanismo rigoroso. Le sessanta scene passeranno in modo sistematico e graduale, dalla più veloce alla più lenta. Dapprima ogni scena occuperà un secondo, poi due, tre, e via dicendo, per arrivare all’ultima sequenza, che dovrebbe essere la più fedele e cronologicamente esatta, ma che sarà essa stessa finzione, come le precedenti, in quanto cinema.

Le sequenze si possono dividere in 10 parti dalle durate sotto espresse:
sequenza 1: 1 secondo per ogni immagine per un totale di 60 secondi;
sequenza 2: 2 secondi per ogni immagine per un totale di 120 secondi;
sequenza 3: 3 secondi per ogni immagine per un totale di 180 secondi;
sequenza 4: 4 secondi per ogni immagine per un totale di 240 secondi;
sequenza 5: 5 secondi per ogni immagine per un totale di 300 secondi;
sequenza 6: 6 secondi per ogni immagine per un totale di 360 secondi;
sequenza 7: 7 secondi per ogni immagine per un totale di 420 secondi;
sequenza 8: 8 secondi per ogni immagine per un totale di 480 secondi;
sequenza 9: 9 secondi per ogni immagine per un totale di 540 secondi;
sequenza 10: 10 secondi per ogni immagine per un totale di 600 secondi.

Il raggiungimento dei 3600 secondi (60 minuti) è dato dalla farsesca apparizione di ECCE UBU (300 secondi).

MAGOG (o epifania del Barbagianni)
Italia, 2011, 01:06:06, HD
produzione: Lab80 Film Soc. Coop. a.r.l.
soggetto: Luca Ferri
fotografia
: Luca Ferri, Samantha Angeloni
montaggio: Alberto Valtellina
musiche: Dario Agazzi
regia: Luca Ferri, Samantha Angeloni

L’opera è di natura bipartitica. Sono state effettuate delle operazioni di asportazione paesaggistica, architettonica e audio. Nello stesso criterio della loro apparizione nel reale sono stati riassemblati e sminuzzati in modo arbitrario pezzi di paesaggio e lazzaretti sonori. La pianura padana come luogo dell’assurdo. Un groviglio incestuoso di stratificazioni architettoniche e fallimenti edilizi. Palme, vuoti urbani, pieni urbani e palme al neon. Piscine montate in 5 giorni. Villaggi neogotici ricostruiti. Villette su villette. Cumuli di ulivi e abusi decorativi. Rivestimenti infiniti su altri materiali di cui ci si vergogna. Pietre applicate e case varicella. L’audio è stato rubato con dei microfoni nascosti nei medesimi luoghi della ricerca visiva, aste giudiziare, sedute comunali, mostre d’arte, bar, cortili privati, piazze pubbliche etc. Audio in taluni casi diegetico in altri no dove l’assurdo preesistente era così fortemente marcato e inserito nel paesaggio, sovrapposto o dissolto laddove non pertinente. Il titolo vuole essere un omaggio ed una invocazione alla resurrezione del maestro Giovanni Papini, a sua volta citante, nella sua opera GOG, ad altra citazione non crittografata. Il pasticciaccio del post‐ moderno in architettura e l’arroganza umanoide del vedere nel paesaggio una possibilità di lucro fanno di MAGOG una nuova forma di resistenza, non associativa, non documentaristica e lontana dalle secolarizzazioni ambientaliste preesistite. È un atto unico e irreversibile come una costruzione giallo limone, un gorgoglio balbettante di denuncia mezza affossata in bocca. La gravità del consumo del suolo, dell’inquinamento visivo e sonoro, dello sciocchezzaio umano e dei suoi logicati sempre eterni non viene rielaborato come indagine antropologica, nemmeno si enuncia la mancata documentalità o l’operazioncina di raffinatismo edonista autoriale. Siamo di fronte ad uno specchio che rimanda sempre qualcosa di previsto. Il manifesto esterno di questo consumo è il medesimo capitombolo interno delle sue marionette di carne. Nell’intera operazione filmica non appare, se non per caso sporadico, alcun umano. Di tali esseri troviamo solo i loro manufatti, i loro avidi guazzabugli, le loro opere. Si parla sempre di umani in MAGOG anche se apparentemente latitano. Per loro parlano le opere che la nostra pianura ha tristemente e silenziosamente assorbito. Il film vuole essere una continua e sempre verde citazione al cubo in cui s’innesta la profetica iscrizione di Brughel il vecchio nel dipinto del Misantropo. La fotografia invece, formalmente di natura metafisica, grottescamente glorifica con luce crepuscolare o mattiniera il triste racconto di questo paesaggio lombardo, inserendo a scempi di semplici geometrucoli di borgata le manie di arrembanti architetti, vere e proprie rock star mancate dal palcoscenico generalmente calcato da UBU.

www.ferriferri.com // www.lab80.it


 

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