‘Log Abstract’, di Scott Hammen

Traduzione a cura di Nomadica. Dallo speciale dedicato dalla rivista Lumière a Scott Hammen in occasione del programma curato da Francisco Algarín Navarro per il Weekend on the moon

 

LOG ABSTRACT di Scott Hammen
di Scott Hammen, Prosper Hillairet, Yann Beauvais

 

Log Abstract
di Scott Hammen

Log Abstract: Sequenze estratte da un diario filmato il cui titolo si riferisce ai seguenti significati delle parole inglesi «log» e «abstract», che pare possano descrivere il film.

Log: relazione sulla velocità di una nave, o sulla distanza percorsa quotidianamente. Rapporto del percorso o della traversata di una nave (da registrare in un diario di bordo, per esempio, appuntare le miglia percorse).

Abstract: ciò che contiene o concentra in sé le qualità essenziali di una cosa più grande. Togliere, separare; considerare separatamente.

Pubblicato originariamente nell’opuscolo della proiezione di Log Abstract
al Cinéma du Musée, 23 marzo – 4 abril 1988.
trad. esp. Francisco Algarín Navarro

Log Abstract
di Prosper Hillairet

Nelle sue serie Log Abstract, Scott Hammen combina, in un modo molto personale, due tendenze. Ha conservato due elementi del cinema strutturale, il rigore del lavoro e la composizione sistematica a partire da alcuni elementi. Però lì dove nel cinema strutturale il rigore e il sistema rinviano a un ascetismo della forma cinematografica, nell’indifferenza verso gli elementi trattati, Scott Hammen cerca un’armonia tra il mondo rappresentato (gli elementi) e la forma di rappresentazione (il sistema). La composizione di un Hollis Frampton nel mondo di Stan Brakhage. Un Frampton più lirico, un Brakhage più sistematico. Hammen riprende la sua famiglia, i paesaggi a lui familiari, sé stesso. E tutti questi elementi, presi separatamente o combinati, sono soggetti a un particolare procedimento per sezioni, come una poesia in cui le stesse parole, gli stessi procedimenti di costruzione vengono disposti in una maniera diversa in ogni strofa. E in queste combinazioni, tutti gli elementi si trasformano come, in un gioco di specchi, il cielo che prende il posto dell’acqua e viceversa. Il tema del doppio ritorna nell’uso degli specchi che rompono l’immagine, che offrono nuove prospettive; il doppio e il movimento, il riflesso nell’acqua che scorre. Ma anche il tema del triangolo, triangolo familiare, triangolo degli elementi, cielo, terra, acqua. Il cinema come doppio movimento di queste combinazioni triangolari.

Pubblicato originariamente nell’opuscolo della proiezione di Log Abstract
al Cinéma du Musée, 23 marzo – 4 abril 1988.
trad. esp. Francisco Algarín Navarro

Scott Hammen
di Yann Beauvais

L’opera di Scott Hammen è segnata da un’affermazione della dualità – una pratica dialettica che mischia due tendenze del cinema sperimentale: il cinema strutturale da un lato, il cinema diaristico dall’altro. L’effetto di distanza del primo corrisponde al lirismo del secondo, nello stesso modo in cui si affiancano luoghi diversi – la città (Parigi) in contrasto con la campagna francese e americana. Seguendo il ritmo delle stagioni, le persone e i luoghi cambiano e la scena si sposta dalla famiglia ai paesaggi familiari, da un lato all’altro dell’Atlantico.
La singolarità dei film di Scott Hammen ha a che fare con la sua capacità di mettere insieme elementi opposti in un unico approccio. Fa sì che gli opposti coesistano in armonia e nello stesso tempo mantengano la loro specificità: il cinema di Scott Hammen accetta la sfida di potenziare gli opposti e ci riesce. La particolarità del lavoro sta nell’affermare simultaneamente tanto il rigore come la luminosità, il formalismo e il lirismo.
I film di Scott Hammen appartengono a una forma delineata innanzitutto da Jonas Mekas, quella comunemente chiamata diario filmato. Le somigliano per l’attenzione che il cineasta dedica a ciò che gli sta immediatamente vicino, ma se ne separano per la forma, nell’immagine che si frammenta e si moltiplica attraverso tecniche differenti e di diversa complessità, per il modo di frammentare e replicare l’immagine che il cineasta sviluppa, film dopo film. I film di Hammen vogliono rendere omaggio alle forze elementari della natura, la ciclicità delle stagioni, il passare del tempo in una famiglia. Ogni film si spezza in parti separate secondo i temi e gli approcci formali sistematici. Tuttavia, ogni film resta compatto grazie a un approccio affine a ogni tema: l’infanzia, il paesaggio rurale, le donne, il paesaggio urbano, l’autoritratto, l’oceano, un lago, un fiume. A prescindere da ciò che la camera ritrae, le ottiche vengono manipolate in vari modi – riproducendo gli oggetti attraverso l’utilizzo di specchi, scorciando la prospettiva ed evidenziando i contrasti per cancellare i dettagli, o le rotazioni di 180° utilizzando strati di specchi così che il nostro mondo si metta sottosopra. Il cineasta appare nei vari luoghi, è una creatura che appartiene alla natura. I paesaggi sono pittorici nella loro composizione, ma diventano anche dinamici grazie ai vari strumenti ottici impiegati dal cineasta così come al ritmo che va dalla ripresa continua al time-lapse. L’uso di questi strumenti implica che il montaggio sia inusuale o che non esista affatto, utilizzato in alcune occasioni per isolare dei dettagli, ma mai per collocare una sequenza al posto di un’altra. La disparità tra gli approcci ai vari elementi è compensata da un film all’altro dalla loro ripetizione, o, nel caso delle persone, dalle loro trasformazioni. In questo senso, il cinema diventa uno strumento per celebrare i ritmi della natura e della vita, un modo per riscoprire l’armonia tra l’artista e l’ambiente che lo circonda.

Pubblicato originariamente in L’art du Mouvement.
Collezione cinematografica del Musée national d’art moderne,
Jean Michel Bouhours (Ed).
Centre Pompidou: Paris, 1996
trad. esp. Francisco Algarín Navarro

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