Davide Manuli
Cortometraggi
Davide Manuli (Milano, 1967) lavora ai cortometraggi in un periodo che va dal 1992 al 2004. Dopo aver lavorato prevalentemente in teatro a New York, passa alla regia nel 1992 con il formato Super 8 non sonoro in California, facendo 3 cortometraggi tra Los Angeles e il deserto circostante. Nel 1994 a New York farà la regia di “Oh! Péggy Oh!” in Beta SP e “A pack of smockes” in 16mm bianco e nero con pellicole Fuji. In questi due films iniziamo a trovare i protagonisti del suo primo lungometraggio “Girotondo, giro attorno al mondo”, Sarah Boberg e Jerome Duranteau. Nel 1996 gira a Parigi “Entre la chair et l’ongle, il y a la crasse” in Super 8 sonoro con la presa diretta, che sarà acquistato da Canal + France. Il 1997 è l’anno di “Bombay, Arthur road Prison” che vincerà la Vela d’Oro a Bellaria, raccontando la disperazione di un’amico condannato a 11 anni di carcere a Bombay per traffico di stupefacenti. Da questo momento in poi, Manuli passerà ai lungometraggi, senza mai dimenticarsi però ‘la forma breve’ che riprenderà per raccontare il contatto avuto con Abel Ferrara a Roma nel 2004 del quale era assistente personale.
– Oh Péggy Oh!…Peggy yè yè – USA, 1997, 00:14:30
– Entre la chair et l’ongle, il y a la crasse – Francia, 1997, 00:13:27
– Bombay: Arthur road prison – USA, 1999, 00:13:30
– A Pack of smockes – USA, 1997, 00:12:00
– 3 Corti in Super8 – USA, 1992, 00:15:00
– Abel Ferrara in Rome – Italia, 2004, 00:04:30
Beket
Italia, 2008, 01:20:00
lingua italiano sottotitoli: eng, fra
formato di ripresa Super 16 su pellicola Kodak 80 ASA b/n
formato di proiezione 35mm, bianco/nero
soggetto e sceneggiatura Davide Manuli
musiche Miss Kittin’ & The Hacker – Roberto “Freak” Antoni – Alessandra Mostacci – Stefano Ianne – Massimiliano Cigala – Marco Saveriano
montaggio Rosella Mocci
costumi Valentina Stefani
scenografia Mario Courrier
fotografia Tarek Ben Abdallah
suono Marco Fiumara, Fabio Cerretti
produzione Blue Film, Shooting Hope Productions
cast Luciano Curreli, Jerôme Duranteau, Fabrizio Gifuni, Paolo Rossi, Roberto “Freak” Antoni, Simona Caramelli
di Davide Manuli
Sinossi
Freak e Jajà si trovano in una terra di nessuno, senza data né tempo. L’uomo non abita più il pianeta. Solo qualche strano personaggio sopravvissuto appare raramente.
I due protagonisti si incontrano ad una fermata del bus in mezzo al nulla, senza conoscersi. Il bus arriva, ma non si ferma. Era il bus che portava a GODOT, il Dio che si è manifestato al di là della montagna sotto forma di sonorità musicale. Avendo perso il bus, Freak e Jajà decidono allora di cercarlo a piedi. Iniziano così un viaggio che farà loro incontrare i bizzarri personaggi che abitano questa landa.
Troveranno un mariachi cantastorie, due attori che recitano Adamo ed Eva in mezzo ad un lago salato, un bambino che sembra il “magico” portavoce di Godot, un oracolo che vive sulla torre d’estrazione di una miniera abbandonata… ed infine una ragazza solitaria che vive sulle rive di un mare.
Purtroppo però prima della fine del loro viaggio… Freak e Jajà troveranno la morte prima di arrivare al loro Dio…
Inauditi – Inuit !
Italy, 2006, 01:15:00
production Shooting hop Production
format dgbeta
language french, english (sub: ita, eng)
story and screenplayer: Davide Manuli
director of photography: Jean – Françoise Parquet
editing Rossella Mocci
cast Davide Manuli, Jéròme Duranteu, Jean- Françoise Parquet
Sinossi / Synopsis
Davide Manuli e Jéròme Duranteau partono alla volta del Canada per capire come i canadesi curino gli Inuit del Polo Nord servendosi della telemedicina
Davide Manuli and Jéròme Duranteau take off for Canada to see how the Canadian health service takes care of the Inuit of the North Pole through telemedicine.
“Nell’inverno 2001 mi sono trovato per le mani un articolo di un famoso settimanale che parlava di come gli Inuit (il popolo eschimese che vive nei territori del grande Nord canadese) potessero usufruire di assistenza sanitaria attraverso computer e installazioni di telemedicina provenienti dagli ospedali del continente. Mi è sembrata una cosa poco credibile o poco attuabile, un argomento valido e originale per un documentario.”
“In the winter of 2001 I read an article in a famous weekly magazine about the Inuit (the Eskimos who live in the great northern territories of Canada) and how they receive health care through computers and telemedicine installations connected to hospitals on the mainland. It strucks me as unbelievable, or hard to carry out, a valid and original topic for a documentary.” – Davide Manuli
Girotondo, giro intorno al mondo
Italia, 1998, 01:30:00
sceneggiatura Davide Manuli
fotografia: Atsushi Takaoka, Florent Hérry, Arnaldo Catinari
musica: Giovanni Venosta, Carlo Paternò, Govinda
montaggio: Karine Allenbach, Claudio di Mauro
prodotto da: Shooting hope, Gianluca Arcopinto
cast Luciano Curreli, Sarah Boberg, Simona Caramelli
«Luoghi comuni, uno: in Italia mancano i talenti. Due: per fare cinema servono soldi. Tre: se il film è bello prima o poi si impone comunque. Eppure Davide Manuli, classe 1967, finalista al Premo Solinas, ha girato un film sorprendente con appena 40 milioni: Girotondo, giro attorno al mondo. Favola dark in bianco e nero, incubo metropolitano, caleidoscopio di situazioni limite, Girotondo tocca tutte le corde, dall’assurdo al sogno, dal comico al disperato, inseguendo un pugno di scoppiati fra Milano e Parigi (ma l’ambientazione resta astratta, campi, periferie, terre di nessuno). Al centro c’è Angelo, ex tossico sospeso fra il lutto per la morte di un amico (overdose) e l’esaltazione per un nuovo amore, una prostituta rotta a tutto, perfino alla speranza («Che dici, la nostra è una favola?»). Ma è nei tanti personaggi di contorno che Manuli rivela uno sguardo davvero singolare: zingari e poeti da circo, spacciatori e poliziotti infoiati, psicanalisti al bar e puttanieri assortiti. Un microcosmo laido e a tratti molto comico, fra Hal Hartley e Abel Ferrara; un pugno di attori sconosciuti e straordinari, fra cui spicca l’ex fidanzata Simona Caramelli. Eppure al Labirinto, in questi giorni, produttori e funzionari televisivi non fanno la fila. Si vede che il talento è l’ultima delle loro preoccupazioni». – Fabio Ferzetti –